Storie di Lose – Euro 92: di digressioni storiche e Perestrojka

Per la rubrica “Storie di Lose”, oggi parleremo di Euro 92. Edizione particolare quella giocata in Svezia, per molti motivi.

A cominciare dal formato, perché quello fu l’ultimo Europeo a giocarsi nella vecchia modalità a due gironi e con il vecchio (e bellissimo tra l’altro) logo.

Perché fu vinta dalla squadra rivelazione, la Danimarca di Shemeichel, che vinse ai rigori contro l’Olanda delle meraviglie di Van Basten e Gullit, metafora perfetta di Davide contro Golia, citata tra l’altro nel libro cult di Brizzi “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” come ideale di romanticismo, perché se ce la fa una piccola squadra a vincere contro i grandi ce la può fare anche un coglioncello bolognese in piena crisi adolescenziale a conquistare l’amore della sua vita.

Perché vide la partecipazione della CSI, Comunità di Stati Indipendenti, dopo la dissoluzione dell’URSS nel dicembre 91. Ed infine perché l’Italia nemmeno si qualificò, eliminata proprio dall’URSS poco prima che Gorbacev ne decretasse la fine.

La non qualificazione all’Euro 92, ben si inscrive nella drammaticità e schizofrenia del calcio italiano anni 90, fatta di altissimi e bassissimi, di grandi campioni che però non hanno mai raccolto nulla. Del mitico ciclo di lose anni 90, iniziato con la sconfitta ai rigori contro l’Argentina nella coppa del mondo giocata in casa e finito in bellezza con la sconfitta perfetta in finale contro la Francia a Euro 2000, ne parleremo più in dettaglio in un altro post. Per ora concentriamoci sulle premesse a questa nostra non-partecipazione.

L’Italia di Vicini veniva dal terzo posto conquistato ad Italia 90, e la sua posizione non era ben vista in federazione. Diciamo che il più gentile lo voleva ad allenare in serie C.

In questo bel clima disteso e propizio a grandi imprese, iniziano le qualificazioni a Euro 92 dove, per via del vecchio formato, venivano ammesse solo le prime di ogni girone. In quello dell’Italia, c’era l’URSS in piena Perestrojka, avversario piuttosto ostico quando si parla di Europei: i bilanci contro la mitica CCCP vedeva due eliminazioni, nella semifinale di Euro 88 e nei quarti dell’edizione del 1964, e una sola faticosa vittoria alla monetina nella semifinale del 1968.

Sì la monetina, perché all’epoca non c’erano ancora i calci di rigore. Anche di questo parleremo in un prossimo episodio, promesso.

La prima partita fu in casa, a Roma e finì su un noioso e non meritato (per noi) 0-0. Per complicarsi la vita gli azzurri andarono a pareggiare in Ungheria nel settembre del 1990 e a rimediare una bella sconfitta 2-1 contro la Norvegia, nel fresco giugno di Oslo, dove si sa le norvegesi si svestono e distraggono i giocatori, pregiudicando di fatto la qualificazione.

Per passare bisognava vincere contro l’URSS. Tutto si giocava a Mosca il 12 ottobre 1991. Eravamo a 75 giorni esatti dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, in quella che fu l’ultima partita nello stadio Lužniki della CCCP. I giocatori non lo sapevano ma stavano comunque scrivendo un pezzo di storia.

L’Italia, dove era convocato anche un certo Roberto Mancini, ci prova mollemente ma ad un tratto si accende la speranza: su cross dalla destra di Crippa, la palla arriva a Ruggiero Rizzitelli che di sinistro incrocia dove il portiere Cherchesov non può arrivare.

Palo.

Sipario. Vicini cacciato, inizia la fantastica era Sacchi.

Dasvidania e alla prossima “Storia di Lose”.

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